La peste del 1630 e la cappella della Madonna delle Grazie
Il Moncalvo e la sua scuola

Veduta di Chieri, dal Theatrum Statuum Sabaudiae Ducis – Incisione anonima su disegno di Giovanni Tommaso Borgonio (1666). L’opera fu stampata ad Amsterdam nel 1682 – Collez. privata

Nella seconda metà del secolo XVII Chieri conosce una sorprendente vitalità artistica sostenuta dalla Corte sabauda (le chiese e i conventi della Pace e di Sant’Antonio, la chiesa dell’Annunziata) e in misura minore dagli Ordini religiosi (le chiese di Santa Margherita e di San Filippo, il convento di Santa Chiara) o dalle Confraternite (San Bernardino).

Importanti lavori di rifacimento avvengono per molte cappelle della Collegiata e nelle chiese dei Francescani e dei Domenicani.

La maggior parte delle famiglie aristocratiche si limita ad aggiornare le proprie case, trasformandone in chiave barocca le facciate, gli ingressi, gli scaloni. Poche sono quelle che costruiscono nuovi palazzi (palazzi Robbio e Robbio di San Raffaele).

1. Gli architetti, le chiese e i conventi nel Seicento

Testi tratti da MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016

1.1. Antonio Bettino

Le migrazioni degli antichi comacini, che prima del Mille alimentarono, con flusso ininterrotto, il romanico nascente, si protrassero poi nei secoli, quasi comacinità prolungata e feconda. Discesero da questo vasto filone non solo i campionesi, ma dinastie di muratori, di pittori, di scultori, di stuccatori, di scalpellini, di falegnami, che, dalle alte valli lombarde, specialmente luganesi, riversarono numerosi mastri e falangi di uomini del mestiere…”

Così Nino Carboneri sintetizza il fenomeno dei maestri luganesi (alcuni diventati famosi, altri rimasti sconosciuti o quasi) che per secoli affollarono i cantieri di mezza Italia, Piemonte compreso, fino al punto che nel Sei-Settecento costituivano il sessanta-settanta per cento delle maestranze impiegate nei cantieri sabaudi. Avevano anche fondato una loro Corporazione con sede in una cappella della chiesa torinese di San Francesco.

L’architetto Antonio Bettino era uno di essi. Nato a Vezia, nei pressi del lago di Lugano, è difficile farne un profilo artistico attendibile poiché non conosciamo né la data di nascita né le tappe della formazione e sono scarse anche le opere note.

Dal settembre 1657 risulta impegnato nella cappella della Sindone a Torino come “serviente” alle dipendenze dell’architetto Amedeo di Castellamonte. Gliene derivò una notorietà che convinse i Filippini di Chieri ad affidargli la costruzione della loro chiesa (1664-1681). Opera, questa, che è la più importante fra quelle pervenuteci.

Probabilmente fu essa che, a sua volta, gli procurò l’incarico per la progettazione e la costruzione della chiesa omonima di Torino, con gli annessi oratorio e convento, opere nelle quali risulta impegnato a partire dal 1675. Nel 1679, però, il suo progetto venne abbandonato e sostituito da uno di Guarino Guarini. “Evidentemente…  i religiosi, ancorati in primo tempo a moduli tradizionali, furono conquistati dalle idee del teatino (specie dalla cupola di San Lorenzo che si profilava vibrante nel cielo torinese) ricorrendo ad esso per un più grandioso e audace progetto”.

Questo per quanto riguarda la chiesa. Sembra, invece, che l’oratorio e il convento siano stati realizzati sulla base dei suoi disegni. I lavori erano in fase molto avanzata quando, il 26 ottobre 1714, l’arditissima cupola crollò compromettendo anche larghi settori dell’edificio.  L’opera fu conclusa qualche tempo dopo da Filippo Juvarra.

Nel 1678 risulta all’opera a Lugano dove progetta il coro e l’altar maggiore di Santa Maria dell’Ospedale e nel 1682 esegue il disegno della chiesa di San Salvatore. Nella stessa città gli viene attribuita la chiesa di Santa Maria Incoronata.

Tra il 1679 e il 1699 a Torino, in via Milano, quasi all’angolo con l’odierna piazza della Repubblica, sul sito di una precedente chiesa dedicata a San Paolo, realizzò per la confraternita della Santa Croce la chiesa che dopo il 1728, ceduta per iniziativa di Vittorio Amedeo II all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, prese il nome di Basilica Mauriziana. Gli è attribuito anche l’altare della Natività nella chiesa guariniana di San Lorenzo (1677-78).

La Chiesa di San Filippo

La chiesa di San Filippo in Chieri e la basilica Mauriziana a Torino sono le uniche due chiese certamente progettate ex novo dal Bettino giunte fino a noi. Luciano Tamburini si avventura in un confronto fra le due, nel tentativo di evidenziare qualche tratto caratteristico dell’arte del Bettino:

“La personalità che se ne desume (dalla chiesa mauriziana, n.d.r.) è piuttosto eclettica, e più orientata su moduli tradizionali (sia pure riformati, come il Lanfranchi) che non sulle audacie guariniane. E in San Filippo a Chieri… la sua fisionomia è ancora diversa per la pianta a nave unica con volta a botte, quattro cappelle laterali e vasto presbiterio a parete piana. Semicolonne lisce su alti stilobati animano col loro fluire le pareti cui s’appoggiano. Capitelli e trabeazione sono assai simili a quelli della basilica (Mauriziana, ndr)”.

A Chieri, oltre alla chiesa di San Filippo, il nome di Antonio Bettino è legato ad una seconda opera: nel 1675 la Confraternita del SS. Nome di Gesù, desiderosa di lasciare la cappella del convento di San Francesco, dove era stata provvisoriamente ospitata, gli affidò la costruzione di una cappella in fondo alla piazza del Piano (l’odierna piazza Cavour). Cappella che esiste tuttora, inglobata, con la funzione di coro, nella chiesa di San Bernardino che circa dieci anni dopo fu costruita da Bernardino Quadri e da Bernardo Vittone.

L’ultima notizia che ci è pervenuta di Antonio Bettino lo dice ancora attivo a Torino nel 1699.

Per saperne di più sulla chiesa di San Filippo

  • BASSIGNANA E., La chiesa di San Filippo, un gioiello barocco, Chieri, 2002
  • BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 1878, p. 273
  • CANAVESIO W., Documenti per gli altari della chiesa di San Filippo a Chieri, in Studi Piemontesi, dic. 2005, vol. XXXIV fasc. 2, pp. 355-365
  • MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 111-184
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Chiesa di San Filippo Neri, in La Beata Vergine delle Grazie (bollettino della parrocchia del Duomo di Chieri), gennaio-maggio 1920
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, pp. 69-72

1.2. Andrea Costaguta

Nato a Chiavari, in Liguria, si vantava di appartenere alla nobile famiglia dei marchesi Costaguti, che in quel tempo annoverava fra i suoi esponenti un Vincenzo, cardinale, da papa Urbano VIII nominato prima segretario della Camera Apostolica poi suo ambasciatore ad Urbino. La sua data di nascita è ignota. Apparteneva all’Ordine dei Carmelitani Scalzi, ma non sappiamo nulla né della sua formazione, né dei suoi studi, né del suo ingresso in quell’Ordine, dove aveva assunto il nome di Andrea di San Gregorio. Sue notizie certe iniziano soltanto a partire del 1641, quando fu a Torino per la costruzione della chiesa di Santa Teresa, e vi rimase fino al 1652, ospite del convento omonimo.

Ebbe l’incarico di teologo di corte e fu ripetutamente attivo nel ruolo di architetto di fiducia di Madama Reale Cristina di Francia, sebbene non si conosca l’iter attraverso il quale abbia maturato le sue competenze in quel campo. Era stata la stessa Madama Cristina a chiamarlo a Torino, scrivendo anche lettere al cardinale di Lione e al legato di Avignone perché sollecitassero il permesso dei superiori dei Carmelitani Scalzi. Probabilmente la Reggente era in cerca di forze nuove, da affiancare (o forse in alternativa) ad Amedeo di Castellamonte, per dare nuovo slancio all’attività edilizia dopo la stasi dovuta agli anni di guerra civile.

Il Santuario dell’Annunziata

Alcune opere gli vengono attribuite tradizionalmente, anche se non sono supportate da adeguata documentazione, come ad esempio la chiesa di San Francesco da Paola di Torino, iniziata per volere di Madama Cristina del 1633. È certamente suo, invece, il progetto della chiesa e del convento di Santa Teresa dell’Ordine Carmelitano, al quale apparteneva. Infatti nelle patenti del 3 aprile 1642, con le quali Madama Cristina concedeva l’autorizzazione alla costruzione della chiesa e del convento, egli ne è espressamente indicato come l’artefice. La costruzione andò per le lunghe, e il Costaguta non poté portarla a termine in prima persona. Ma sembra che il suo progetto sia stato rispettato fedelmente.

Dal 1645 al 1650, per incarico della reggente, seguì lavori al castello di Moncalieri (dove proseguì l’opera di Carlo di Castellamonte, lasciando a sua volta il posto ad Amedeo di Castellamonte) e al Valentino: è lui stesso a parlarne in una lettera del 1647.

Ma l’opera alla quale è maggiormente legata la sua fama, e alla quale attese dal 1648 al 1653, è la Villa della Vigna di Madama Cristina (l’odierna Villa Abegg), sulla collina torinese, per lungo tempo residenza preferita di Madama Reale.

Certo è anche suo il ruolo di progettista del Santuario dell’Annunziata di Chieri, ed è strano che nessun libro di storia dell’arte, Alessandro Baudi di Vesme compreso, la inserisca fra le sue opere sicure, essendo ciò attestato in modo inequivocabile da vari documenti, come l’Ordinato del Consiglio comunale del 24 gennaio 1652, laddove i consiglieri dichiarano di accettare la proposta del Capitolo dei Canonici di cedere al Comune alcune case attigue alla Collegiata a condizione che vengano demolite e i materiali recuperati vengano utilizzati “… nella construtione della fabbrica dessignata dal M. Rev. Padre Costaguti…”

Per saperne di più sulla chiesa dell’Annunziata

  • MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 73-110 con ampia bibliografia
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Santuario della SS. Annunziata, in: La Beata Vergine delle Grazie, Luglio 1913-Settembre 1013
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 79
  • https://www.100torri.it/newsite/?page_id=24615

Altre opere: la Chiesa della Pace

Qualcuno (C. Brayda) attribuisce al Costaguta anche la chiesa di San Carlo a Torino, la villa Lovera a San Vito e il progetto della chiesa dell’Annunziata e di Sant’Andrea Corsini a Pino Torinese.

A Chieri c’è un’altra chiesa la cui origine e il cui aspetto sono molto simili a quelle del santuario dell’Annunziata, ed è la chiesa di Santa Maria della Pace, essa pure voluta da Madama Cristina. Non se ne conosce l’autore, ma non ci sarebbe da meravigliarsi se da qualche archivio sbucasse fuori un documento che lo indichi nel carmelitano scalzo Andrea Costaguta.

Quanto allo stile, con il Carboneri si può affermare che, pur operando in piena epoca barocca, il Costaguta rappresenti un aspetto singolare del Seicento, ancorato per lo più a temi di derivazione rinascimentale”, come si vede chiaramente, ad esempio, anche nella facciata della chiesa di San Francesco da Paola. Ma come emerge anche nella chiesa dell’Annunziata di Chieri, la cui facciata tripartita da lesene, sormontata da un semplice timpano, l’ingresso incorniciato da due colonne con austero frontone, sembra indifferente agli schemi dell’imperante barocco. Semplicità che si riscontra anche nel lineare interno ad unica navata e due sole cappelle laterali, e che nel presbiterio viene meno a causa di una fastosa struttura neobarocca ottocentesca che incornicia il dipinto dell’Annunciazione.

Nel progettare le chiese, il Costaguta preferisce le piante allungate (come nel Santuario dell’Annunziata di Chieri), a differenza di Francesco Lanfranchi suo contemporaneo (1600-1669) che preferisce la pianta centrale (preferenza che si riscontra anche nella chiesa di Santa Margherita dell’ex convento delle Domenicane di Chieri).

Per saperne di più su chiesa e convento di Santa Maria della Pace

  • BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri…, Torino, 1878, pp. 328-334
  • MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016. Pp. 299-325 con bibliografia
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999
  • VALIMBERTI B., Convento e Chiesa di Santa Maria della Pace, Bollettino La Vergine delle Grazie, gennaio – dicembre 1917
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994

Padre Costaguta: l’uomo

Padre Andrea Costaguta: un personaggio pittoresco e alquanto “chiacchierato”, che suscita interesse e curiosità per i suoi meriti artistici ma anche per una vita alquanto movimentata, tant’è vero che Alessandro Baudi di Vesme lo definisce “Architetto e specialmente intrigante”. Carattere molto difficile, negli anni passati a Torino visse in rapporti per lo più burrascosi con i suoi confratelli Carmelitani.

Ambiziosissimo, coltivò per tutta la vita il sogno di diventare vescovo, senza mai riuscirci sebbene fosse ricorso più volte ai buoni uffici di Madama Cristina di Francia presso il Vaticano.

Era un gran millantatore. Si vantava platealmente di possedere chissà quali entrature presso la corte e di chissà quali meriti nei suoi confronti. Lo riferisce a Madama Reale il marchese Giannettino Giustiniani, ministro di Savoia a Genova: “Egli si vanta … di possedere un gran capitale nella buona grazia di V. A. R. la quale gli ha promesso di farlo fare vescovo di Genova, per lo che li converrà facilmente di andare a Roma; poi dice che per qualche gravissimo negozio potrà essere che vada a Milano; poi, che deve ritornare in Piemonte, essendovi troppo necessaria la sua persona… e per ultimo, che sarà costretto di fare un viaggio per queste Riviere e far compra di muli per inviar a Torino…”. “Alcuni dei suoi Padri poi mi dicono che habbi pensiero d’andare a Milano, vantandosi d’esser cercato da’ Spagnoli; ad altri ha detto che il servitio della repubblica di Venetia non li può mancare…”. “Mi stomacò in guisa quelli due giorni che stette meco, et appresi essere un huomo sì leggiero, sì vano e presontuoso, che non poteva dare se non in qualche sinistro. Sarà fortunato, se terminerà nella carcere il suo fallo…”. Il 26 gennaio 1653 il Giustiniani scriveva alla duchessa: “Sarei del parere che non lo lasciasse per molt’anni uscire dal Piemonte, havendolo conosciuto. A confessargli, era schiettamente molto vano e, quel che più importa, troppo lubrico nel parlare, anche con qualche imprudenza, e troppo informato di codesta Corte”. Mons. Alessandro Crescenzi, nunzio pontificio presso la corte di Savoia, lo accusò di essere “…scandaloso contro tutti i voti essenziali della religione, cioè di proprietà continua, di disonestà e si tiene che abbia anche figli ecc., di disobbedienza, di falsificazione di lettere e sottoscrizioni di Madama Reale in quantità, e d’altre furfanterie”.

In una lettera scritta il 14 ottobre 1657 egli si vanta di aver avuto accesso alla corte fin dal 1638, ma il primo documento conosciuto che parla di lui, datato 22 novembre 1641, è la patente di nomina a teologo e consigliere di Madama Cristina. Il titolo di teologo era puramente onorifico: gli consentiva di frequentare la corte e di ricevere uno stipendio. In realtà egli di Madama Reale fu uomo di fiducia e, sebbene non avesse mai ricevuto nomine né incarichi ufficiali in tal senso, anche architetto. Si conoscono diverse missioni segrete in Francia ed altrove da lei affidategli, la prima il 9 dicembre 1641, le altre negli anni 1642, 1643, 1644, 1645.

Su di loro giravano molti pettegolezzi. Lui stesso si vantava dell’amicizia e confidenza che aveva con lei. Anche lo storico Gaudenzio Claretta sottolinea la grande familiarità che traspare da molte delle lettere da lui inviate alla Madama Reale e lo stesso marchese Giannettino Giustiniani racconta che nel marzo del 1653 il Costaguta, trattenuto in prigione a Genova, tempestava di lettere la Duchessa la quale, viste la situazione e le chiacchiere che circolavano, cercava di tenerlo a distanza senza tuttavia privarlo di qualche consolazione. “Pianse di tenerezza – attesta il marchese Giannettini – quando gli fu recapitata una lettera di Madama Cristina”.

Nel dicembre del 1652, mentre si trovava per un periodo di riposo a Chiavari, fu investito da una inaspettata tempesta. In seguito alla denuncia di certi suoi comportamenti scandalosi da parte di mons. Alessandro Crescenzi, nunzio pontificio presso la corte di Savoia, fu imprigionato nelle carceri dell’Inquisizione di Genova. Cercò disperatamente di mantenere i contatti con Madama Reale, la quale, però, da questo momento in poi lo tenne a distanza. Per evitare che riuscisse a farsi liberare, mons. Crescenzi lo fece tradurre a Roma, dove fu condannato e spedito nella prigione di Sassoferrato, restandovi rinchiuso fino al 1655. Liberato, continuò a scrivere alla Duchessa e dopo la di lei morte, avvenuta nel 1663, a Carlo Emanuele II. Ma non poté più tornare in Piemonte. In una lettera dell’11 febbraio 1669 informava il Duca che per le false accuse dei suoi nemici era finito in carcere una seconda volta per sei anni. Finì confinato nel convento dei Carmelitani Scalzi di Concesa, vicino a Milano, dove morì nel 1670.

1.3.  I Garove

Garove, Garui, Garuo, Garulli sono le diverse grafie, che si riscontrano nei documenti di archivio, del cognome di questa famiglia di artisti originari di Campione d’Italia, presso Lugano.

Francesco Garove: il Bastione della Mina e il Collegio dei Gesuiti

Francesco nacque a Campione d’Italia il 29 novembre 1615 da mastro Giovanni Giacomo Garove e da Benedetta. Era una famiglia legata all’attività edilizia, come molte altre in quella zona che per secoli fornì una folla di artigiani ed artisti ai cantieri del nord Italia e del sud dell’Europa. Cresciuto professionalmente alla scuola del padre, attorno al 1645 Francesco si trasferì nel ducato sabaudo, stabilendosi a Chieri dove sembra abbia abitato in una casa non di sua proprietà situata nei pressi della Collegiata di Santa Maria della Scala.

Negli anni Cinquanta e Sessanta lo troviamo attivo contemporaneamente in più cantieri sia di Chieri sia dei dintorni. Nel 1650 ebbe una parte nella costruzione nella condotta dell’acqua dal pozzo del Bastione della Mina all’orto dei Gesuiti.

Dal 1651 al 1661 risulta impegnato nella cappella del Corpus Domini della Collegiata in collaborazione con Tommaso Carlone e con Luca Corbellini. Nello stesso periodo sistemò il portale del santuario dell’Annunziata e diresse il cantiere per la costruzione del Collegio dei Gesuiti. Ma l’incarico più prestigioso come capomastro fu la costruzione, a Villanova d’Asti, della chiesa di Sant’Elena progettata da Amedeo di Castellamonte.

È possibile che verso la fine della vita, grazie all’esperienza accumulata e a studi da autodidatta, abbia voluto anche progettare degli edifici.  In un documento del 3 aprile 1680, infatti, il figlio Michelangelo attesta di aver ricevuto dal padre “una libraria di numero cento trenta e più libri…” consistente in trattati di architettura civile e militare, fortificazioni, matematica, geometria, prospettiva, astronomia: una biblioteca non usuale in casa di un semplice capomastro.

Morì a Torino il primo settembre 1683. Fu sepolto nella chiesa di Sant’Eusebio, l’attuale chiesa di San Filippo Neri.  Dalla moglie Margherita aveva avuto tre figli: Giacomo Vittorio, Michelangelo e Giovanni Battista, anche loro dediti all’attività edilizia.

Per saperne di più sul Noviziato-Collegio dei Gesuiti (Sant’Antonio)

  • CAVALLARI MURAT A., Antologia monumentale di Chieri, Torino 1969, pp. 159 sgg.
  • MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 11-72
  • POMMER R., Appendice X. Sant’Antonio a Chieri, in: pommer richard, L’architettura del Settecento in Piemonte, Torino, 2003, pp. 174-178
  • SANTILLO F., Il Noviziato di Chieri e la chiesa di Sant’Antonio: lo sviluppo architettonico, in BRUNO SIGNORELLI – PIETRO USCELLO (a cura di) La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino, dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto. Società piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino, 1998
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la Città di Chieri, Casa e Chiesa di Sant’Antonio, in La Beata Vergine delle Grazie, Chieri, 1918
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, pp. 65-68

Michelangelo Garove: il Noviziato dei Gesuiti, la chiesa di San Guglielmo e la sacrestia dell’Annunziata

Michelangelo fu il più famoso dei tre Garove. Nato a Chieri il 29 settembre 1648 da Francesco e da Caterina Porra, risulta battezzato presso la Collegiata della Madonna della Scala il 13 giugno 1653.

Crebbe professionalmente alla scuola del padre per poi diventare ingegnere militare, idraulico e civile e lavorare alle dirette dipendenze del Duca di Savoia. Nel 1688 fu nominato priore della Compagnia di S. Luca. Fu architetto e ingegnere militare e civile.

Come ingegnere militare i documenti lo descrivono attivo tra il 1682 e il 1683 nelle fortificazioni di Villanova, Carmagnola, Chivasso, Fossano, Cherasco; fra il 1684 4 il 1694 in quelle di Carrù, Mondovì, Cuneo, Saluzzo, Moncalieri, Carignano, Villafranca, Pancalieri, Cherasco, Pinerolo. Nel 1694 fu ferito durante l’assedio di quest’ultima piazzaforte. Il 20 aprile 1702 firmò l’istruzione per gli impresari che dovevano costruire le fortificazioni del nuovo ampliamento occidentale di Torino, attorno a “Porta Susina”. Ampliamento poi definito “juvarriano”.  Nel 1702 lavorò anche alle fortificazioni di Cuneo e Demonte, e negli anni 1703 e 1704 a quelle di Vercelli e Ivrea. In quest’ultima città collaborò con Antonio Bertola per approntare le difese contro l’imminente assedio dei Francesi.

Come ingegnere e architetto civile nel 1684 progettò a Torino il palazzo Asinari di San Marzano.  Nel 1683 iniziò la progettazione della cappella del beato Amedeo di Savoia nel duomo di Vercelli, per la quale operò sino al 1700; nel 1684 fu la volta della chiesa parrocchiale di S. Martino a La Morra (Casalis), nel 1685 del santuario della Madonna di S. Giovanni a Sommariva del Bosco (Colombero), nel 1693 del Collegio dei Gesuiti di Mondovì.  A Cuneo, nel 1697, progettò la cappella del Beato Angelo nella chiesa della Madonna degli Angeli. In quello stesso anno a Torino eseguì l’altar altare maggiore della chiesa di S. Filippo Neri e il 19 dicembre venne nominato ingegnere di Emanuele Filiberto, principe di Carignano.

Negli ultimi mesi di attività Michelangelo Garove firmò i progetti per l’ampliamento del convento di S. Antonio Abate in via Po a Torino e quelli per il nuovo edificio dell’Università. Operò inoltre a Venaria, dove aveva una camera a sua disposizione, e al castello di Rivoli.

A Chieri gli devono essere attribuite almeno tre opere: oltre alla costruzione dell’ala ovest del Noviziato dei Gesuiti, la trasformazione della chiesa di San Guglielmo (1691) e la progettazione del settore del Santuario dell’Annunziata situato alle spalle dell’altare, comprendente la sacrestia, il sovrastante coro e il piccolo, grazioso campanile triangolare (1698).

Morì a Torino il 22 settembre 1713.

1.4. Bernardino Quadro (Quadri)

Le origini e l’esperienza romana

Scultore di marmi, plasticatore ed architetto. Era di Balerna, piccola terra presso Mendrisio, nella Svizzera Italiana”: così Alessandro Baudi di Vesme presenta Bernardino Quadri nelle sue schede, sottolineandone soprattutto le molteplici capacità, che vanno dall’architettura alla scultura passando per l’arte dello stucco.

Poco si conosce delle sue origini e della sua vita giovanile. I primi documenti che parlano di lui sono degli anni quaranta del Seicento, e lo indicano attivo a Roma, prima come stuccatore nella basilica di San Pietro alle dipendenze del Bernini e del Borromini poi, a partire dal 1646, in San Giovanni in Laterano dove è impegnato nei lavori di trasformazione della chiesa in vista del Giubileo del 1650. In disaccordo con il Borromini, abbandonò la città eterna e si trasferì a Torino, dove nel 1649 Carlo Emanuele II, che era alla ricerca di valenti artisti per i suoi numerosi cantieri in Torino e dintorni, lo nominò scultore ducale riconoscendogli una pensione annua di lire 2000 d’argento.

Le opere da ingegnere

Dal 1653 al 1656 è impegnato nella chiesa di San Carlo dove, in collaborazione con Gregorio Gioannini, costruisce l’altar maggiore su disegno di Amedeo di Castellamonte, ed esegue gli stucchi del presbiterio, lavoro che gli viene pagato 5.250 lire.

Molto stimato presso gli ambienti di corte, riceve numerosi incarichi per macchine ed apparati effimeri in occasione di importanti feste e ricorrenze. Ma nel 1658 è l’“inginiero” al quale il duca Carlo Emanuele II affida la costruzione della cappella della Sindone. Il suo progetto di un edificio a pianta circolare fu preferito a quello di Carlo di Castellamonte che aveva optato per una cappella a sviluppo longitudinale che si inoltrava nel cortile del Palazzo Reale. Ma, iniziati i lavori, allorché la costruzione giunse al livello del cornicione dell’ordine principale, il Quadro dovette passare la mano a Guarino Guarini, il quale aveva presentato un nuovo progetto che evidentemente aveva entusiasmato il Duca. Tuttavia, l’architetto teatino non poté non tener conto del progetto del Quadro, in base al quale l’opera era stata impostata.

La chiesa di San Bernardino

A Chieri gli vengono attribuite due opere. Nel 1694, in piazza del Piano (l’odierna piazza Cavour), progettò la chiesa di San Bernardino per la Confraternita del SS. Nome di Gesù: una costruzione a croce greca, sormontata da cupola e dotata di un profondo coro (ottenuto utilizzando la preesistente cappella costruita non molti anni prima da Antonio Bettino). La morte gli impedì di concludere l’opera, che venne portata a termine qualche anno dopo. Essa, tuttavia, non è giunta a noi come lui l’aveva progettata. La cupola fu realizzata dal mastro da muro Bernardino Leone solo nel 1740. Crollata appena terminata, fu ricostruita verso il 1744 su disegno di Bernardo Antonio Vittone.  La facciata fu rifatta nel 1791-92 da Mario Ludovico Quarini.

Per saperne di più sulla chiesa di San Bernardino

  • AA.VV., La chiesa dei SS. Bernardino e Rocco di Chieri, Chieri, 2001
  • CAVALLARI MURAT A.¸ Antologia monumentale di Chieri, Torino, 1969, p. 162 sgg. e passim
  • CASELLE S., La Confraternita del SS. Nome di Gesù, Chieri, 1991
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 50
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 75

Il convento dei Filippini

La seconda opera chierese che gli viene attribuita è la costruzione, realizzata fra il 1715 e il 1726, del primo nucleo del convento dei Filippini, ma abbiamo già esposto le ragioni di carattere cronologico che rendono molto dubbia una tale attribuzione. Bernardino Quadro, infatti, è morto nel 1695, venti anni prima che venisse costruito il convento. Se l’“ingegner Quadro” del quale parla il capitolato degli impresari fosse lui, vorrebbe dire che quel progetto egli lo eseguì prima di morire ma per qualche motivo fu realizzato solo venti anni dopo. Sembra più verosimile che si tratti di un’altra persona, magari di suo figlio Carlo Giulio, anche lui ingegnere.

Lo scultore

Come scultore, tra il 1664 e il 1666 progettava, e in collaborazione con il fonditore e scultore Bernardo Falconi e con l’intagliatore Quirico Castelli dava inizio, ad un grandioso monumento funebre voluto da Carlo Emanuele II per la duchessa Francesca d’Orléans.  “E’ possibile farsi un’idea dello straordinario monumento, che non avrebbe avuto pari nella Torino del Seicento, ma del quale si è persa ogni traccia, attraverso la lettura dei conti presentati dal Quadri per la fattura del modello e del Falconi per la fusione delle figure. Lo componevano tre grandi statue, della Madonna, del duca e della sua sposa, con undici putti e un serafino grande, tutte di bronzo, disposte su di un piedistallo assieme alle due urne di marmo nero di Frabosa e sormontate da un ricco padiglione … Il fastoso monumento scompare nel nulla… senza che restino tracce di una sua collocazione nella cappella della Sindone, che in quell’anno passava di mano da Bernardino Quadri a Guarino Guarini…”.

Lo stuccatore: la cappella del Crocifisso

In questi stessi anni risultano pagamenti a suo favore per busti e statue in stucco e in marmo per il Palazzo Reale (interni e rondò del Bastion Verde), per la facciata del Castello del Valentino e per la Venaria Reale (interni e giardini). In questa reggia sono suoi gli stucchi del salone di Diana.

Giuseppe Dardanello gli attribuisce un ruolo di primaria importanza nella decorazione plastica della cappella del Crocifisso del Duomo di Chieri: “Nella cappella del Crocifisso di Santa Maria della Scala a Chieri, che ospita la monumentale macchina d’altare in legno intagliato, con la Crocifissione dipinta nel 1662 da Charles Dauphin per la committenza Giovanni Battista Balbo Bertone di Sambuy, nel 1669-1671 Quadri fu chiamato a modellare il teatro di santi che sulle mensole a sporto delle pareti fanno da guardia ai quattro grandi teleri sui temi della Passione; e insieme a ornare l’intera volta di angeli, in atto di mostrare i simboli del martirio…” . Secondo il medesimo Dardanello potrebbe aver dipinto anche le scene dell’Antico Testamento affrescate nelle cornici in stucco della volta.

Nel 1662 il poliedrico artista era priore della compagnia di San Luca.  Morì nel 1695 a Candiolo (o, secondo alcuni, a Candelo), in provincia di Torino.

Per saperne di più sulla cappella del Crocifisso

  • MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri (2012), p. 145 sgg.
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999.

1.5. Altre chiese e altre cappelle

Santa Margherita

L’edificio ha pianta a croce greca. La facciata, a forma concava, delimita un piccolo sagrato. Terminata nel 1671, è attribuita all’architetto torinese, di origini chieresi, Francesco Lanfranchi.

Per saperne di più sulla chiesa di Santa Margherita

  • BERRUTO A. C., La chiesa di Santa Margherita a Chieri, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2007-2008, Relatore prof. Giuseppe Dardanello, Torino, 2007-2008.
  • BRAYDA C., La seicentesca chiesa di Santa Margherita in Chieri, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1947
  • MIGNOZZETTI A., Il monastero e la chiesa di Santa Margherita, Chieri, 2016
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 46
  • VALIMBERTI B., La chiesa di Santa Margherita, in “Madonna delle Grazie”, Bollettino mensile della parrocchia del Duomo di Chieri”, gennaio 1923-dicembre 1923
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 73
  • https://www.100torri.it/newsite/?page_id=25462 sulla chiesa, la decorazione, i quadri

Cappella della Beata Vergine del Suffragio

Gioiello d’arte barocca, la cappella fu commissionata nel 1652 a maestranze luganesi da Giorgio Turinetti, banchiere di corte e Presidente delle Finanze. La pala è attribuita ai milanesi Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone.

Per saperne di più sulla cappella del Suffragio

  • MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico-religiose, Chieri, 2012, p. 173 sgg.
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 48

Cappella della Madonna del Carmine

È una delle poche cappelle del Duomo che hanno mantenuto la decorazione barocca. L’ancona lignea con scene della vita dei santi Giuliano e Basilissa, è attribuita a Michele Enaten (artista astigiano di origine fiamminga, 1643 circa). La pala d’altare (1644) è di scuola genovese. La cappella fu fatta costruire attorno al 1632 da Flaminio Balbiano.

Per saperne di più sulla cappella della Madonna del Carmine

  • MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico-religiose, Chieri, 2012, p. 177 sgg.
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento (1999), p. 48

2. I palazzi e le ville

Da TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento (1999), p. 41 sgg.

Parte delle fortune delle famiglie abbienti furono impiegate in lavori di adeguamento delle loro residenze chieresi alle nuove condizioni di vita, perseguendo obbiettivi funzionali ed estetici insieme. Anzitutto l’apertura di androni carrozzabili determinò la creazione di portali su strada, rappresentativi e talvolta segnati dallo stemma del casato, orgogliosa affermazione di un ambito traguardo sociale. Probabilmente queste trasformazioni causarono la perdita dei pochi tratti porticati della via Maestra. In città, le dimore signorili si abbellirono soprattutto negli arredi fissi dei saloni, con fasce dipinte nella parte superiore delle pareti, come nel palazzo Tana o a Palazzo Bruni. Inoltre, si realizzarono solenni porte intagliate, spesso completate da sovraporte dipinte, di cui restano numerosi esempi, ad onta degli interventi successivi (…).

L’autore segnala due preziosi documenti d’archivio che riguardano i palazzi dei conti Vittorio Quarini e Carlo Luigi Biscaretti; gli edifici ai numeri 38, 42, 52. 67 della via Maestra (ora Vittorio Emanuele II) e la casa al numero 3 di via Palazzo di Città.

Sui dipinti di Palazzo Bruni si veda, nel medesimo volume, l’articolo di Cecilia Ghibaudi, a pag.55

Sulle pitture, le decorazioni in terracotta e sulle le vicende costruttive di Palazzo Tana si veda Il palazzo dei Tana a Chieri, Riva presso Chieri, 2002.

Per saperne di più sul monastero di Santa Chiara

  • BOSIO A., Monastero e chiesa di S. Catterina dell’Ordine Francescano detto di Santa Clara o delle Clarisse, in: Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 188778, pp. 238-242
  • DE GROSSI F., FALCONE I., FEROGGIO M., Il progetto di conservazione e riuso dell’ex monastero di Santa Clara in Chieri, Torino. Tesi di specializzazione, Politecnico di Milano, Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti, Anno Accadem. 2008-2009, vol. I.
  • GHIRARDI F., MERCURI P, Il monastero di Santa Chiara nella città di Chieri, Chieri, 1995.

Villa Moglia

Per saperne di più su Villa Moglia

  • NAVIRE M., La villa Moglia in Chieri, in Chieri e il Tessile. Vicende storiche e di lavoro dal XIII al XX secolo, Chieri, 2007, pp. 153-165.

3. Bibliografia

  • BASSIGNANA E. (a cura di), La chiesa di San Filippo, un gioiello barocco, Chieri, 2002
  • BERRUTO A. C., La chiesa di Santa Margherita a Chieri, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2007-2008, Relatore prof. Giuseppe Dardanello, Torino, 2007-2008
  • BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri…, Torino, 1878, pp. 328-334
  • BOSIO A., Monastero e chiesa di S. Catterina dell’Ordine Francescano detto di Santa Clara o delle Clarisse, in Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 1878, pp. 238-242
  • BRAYDA C., La seicentesca chiesa di Santa Margherita in Chieri, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1947
  • CANAVESIO W., Documenti per gli altari della chiesa di San Filippo a Chieri, in Studi Piemontesi, dic. 2005, vol. XXXIV fasc. 2, pp. 355-365
  • CAVALLARI MURAT A., Antologia monumentale di Chieri, Torino 1969, pp. 159 sgg.
  • DE GROSSI F., FALCONE I., FEROGGIO M., Il progetto di conservazione e riuso dell’ex monastero di Santa Clara in Chieri, Torino. Tesi di specializzazione, Politecnico di Milano, Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti, Anno Accadem. 2008-2009, vol. I
  • GHIRARDI F., MERCURI P, Il monastero di Santa Chiara nella città di Chieri, Chieri, 1995
  • MERLASSIMO C., voce Lanfranchi Francesco, in: Dizionario biografico dei Chieresi Illustri, Andezeno, 2010, pp. 130-131
  • MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016
  • MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico-religiose, Chieri, 2012
  • MONETTI F., CIFANI A., Un altare di Francesco Lanfranchi al Corpus Domini e un’aggiunta per il palazzo civico di Torino, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n. s., xxxv-xxxvii (1981-83), pp. 63-68
  • POMMER R., Appendice X. Sant’Antonio a Chieri, in pommer richard, L’architettura del Settecento in Piemonte, Torino, 2003, pp. 174-178
  • SANTILLO F., Il Noviziato di Chieri e la chiesa di Sant’Antonio: lo sviluppo architettonico, in: BRUNO SIGNORELLI – PIETRO USCELLO (a cura di) La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino, dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto. Società piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino, 1998
  • SIGNORELLI B., voce Lanfranchi, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol.63, pp. 549-551, Roma, 2004
  • TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Chiesa di San Filippo Neri, in La Beata Vergine delle Grazie (bollettino della parrocchia del Duomo di Chieri), gennaio-maggio 1920
  • VALIMBERTI B., La chiesa di Santa Margherita, in: “Madonna delle Grazie”, Bollettino mensile della parrocchia del Duomo di Chieri”, gennaio 1923-dicembre 1923
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Santuario della SS. Annunziata, in La Beata Vergine delle Grazie, Luglio 1913-Settembre 1013
  • VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la Città di Chieri, Casa e Chiesa di Sant’Antonio, in La Beata Vergine delle Grazie, Chieri, 191
  • VALIMBERTI B., e Chiesa di Santa Maria della Pace, Bollettino La Vergine delle Grazie, gennaio – dicembre 1917
  • VANETTI G., Cronologia degli interventi eseguiti in San Domenico tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, in Una chiesa, la sua storia. Momenti storici e sviluppo artistico di San Domenico a Chieri, Chieri, 1990, pp. 51-54
  • VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994

 

La peste del 1630 e la cappella della Madonna delle Grazie
Il Moncalvo e la sua scuola