Se i monumenti di Chieri permettono di tracciare, senza soluzione di continuità, la vita artistica e culturale della città, non diversamente il suo territorio reca testimonianze significative di oltre due millenni di storia, dai reperti archeologici preistorici del Bric San Viter nel territorio pecettese, presso l’Eremo dei Camaldolesi, alle tracce della centuriazione dell’agro romano nella campagna di Riva presso Chieri, al misterioso ipogeo longobardo di Marentino.
Ma è il Medioevo e l’età moderna che maggiormente si possono incontrare lungo gli itinerari campestri che l’interesse sempre più diffuso di trascorrere il tempo libero passeggiando tra la natura ci porta a scoprire.
La fede cristiana, diffusa nelle campagne dall’iniziativa dei vescovi di Torino ed Asti e dai conventi benedettini, ha costellato il territorio di innumerevoli pievi, su alcune delle quali ha operato implacabilmente il tempo, ma altre ve ne sono sulle quali l’intervento dei fedeli ha permesso di conservare le linee architettoniche e i decori parietali, come è accaduto per il San Sebastiano di Pecetto, per la Santa Maria dei Morti di Marentino, per il San Martino di Buttigliera: architetture romaniche che paiono segnare un cammino ideale che porta a quel gioiello che è l’Abbazia di Santa Maria del Vezzolano.
Ma il cammino della fede tracciati con la loro presenza dalle pievi corre anche parallelo a quello della guerra, documentato dai numerosi incastellamenti che si susseguono altrettanto numerosi, ma ben più minacciosi da Pavarolo ad Arignano, a Moriondo, a Moncucco, lungo la via che da Chieri conduceva al Monferrato. E a questi fanno eco le torri di vedetta e i castelli posti lungo l’altra importante arteria storica, che dalla stessa Chieri permetteva di raggiungere Asti: la Torre del mulino omonimo ai confini chieresi con Riva, le “bisoche” di San Martino e Supponito e la torre di Valgorrea, create dagli astigiani per controllare i nemici sabaudi.
Tanto ardore religioso e militare paiono però affievolirsi col finire del Medioevo, ma riprendono con egual veemenza nell’età moderna: tra Sei e Settecento le chiese parrocchiali rinnovano le loro forme architettoniche e cercano di superare in grandezza e bellezza quelle delle Confraternite laiche. Non c’è paese che non vanti una parrocchiale barocca ed una contrapposta “chiesa dei Battuti”, bianchi o neri che siano. Ed è in questo clima di reciproco desiderio di prevalere per devozione e prodigalità che viene chiamato ad operare nel territorio Bernardo Vittone, che lascia del suo genio opere come le parrocchiali di Pecetto torinese, Cambiano e Riva presso Chieri, tre capolavori del tardo barocco che paiono fare corona, dal basso, alla juvarriana Basilica di Superga.
Si perde, invece, negli stessi secoli, il desiderio e la necessità di dotarsi di possenti opere fortificate: la polvere da sparo ha reso inutili i castelli e le torri e solo le mura bastionate delle città paiono efficaci per contrastare un possibile nemico: Chieri e Villanova d’Asti ne sono esempi, dei quali, però, oggi sopravvivono modeste tracce.
La nobiltà pare preferire, al mestiere della guerra, i piaceri della campagna ed in luogo degli antichi castelli appaiono ville gentilizie e palazzi sontuosi, come il Castello Cavour a Santena, il Palazzo Grosso di Riva presso Chieri ed il Castello di Pessione nella pianura, le Ville del Passatempo, Moglia e di Castelvecchio sulla collina; la stessa borghesia viene trascinata in questa “smania per la villeggiatura”, per cui anche sul versante chierese della collina sorgono le “vigne” che tanto piacevano ai torinesi, ed è in quest’ottica che si pongono costruzioni come Casa Zuccala a Marentino.