Questo è un contributo del Progetto PCTO del Liceo Monti di Chieri A.S. 2019-20

Testo di Anna Meneghini (3All), 11 aprile 2020

Le malattie nel Medioevo erano causate da diversi fattori.

L’igiene personale era uno di questi; infatti l’uomo del Medioevo era costretto a vivere a stretto contatto con gli animali e ciò causava l’aumento della popolazione murina e ectoparassitaria come pulci, pidocchi, acari e numerose infezioni trasmissibili da animale a uomo.

La situazione igienica individuale non era migliore. Nelle abitazioni non erano quasi mai presenti recipienti adibiti all’igiene personale.

Nella nostra area, ma anche più in generale nell’occidente cristiano, non si parla mai o quasi mai di bagni pubblici o privati a differenza del mondo medio-orientale dove questi erano già presenti. Questo fatto era anche causato dall’elevato prezzo del sapone che a volte veniva a costare come una pregiata stoffa di velluto o di seta. Anche il bucato era assai caro, infatti veniva fatto raramente e a lunghi intervalli di tempo; gli abiti della popolazione erano quindi normalmente sudici e così anche i mantelli dei ceti più elevati che venivano lavati solo per evitare che si usurassero perché l’acquisto di nuovi indumenti sarebbe costato troppo.

Un alto fattore che incrementava le malattie nel Medioevo erano i rifiuti e lo scarico di questi nella città. Infatti era normale che lo scarico di acque nere e bianche avvenisse sulle pubbliche strade e ciò non solo non veniva proibito ma addirittura accettato. Quindi, non solo le strade secondarie ma anche quelle principali e le piazze erano difficilmente mantenute sgombere da immondizie e diventavano così vere e proprie fogne a cielo aperto. Le autorità dovevano così impegnarsi per far in modo che queste non fossero visibili almeno alla vista, ma anche a rendere possibile la circolazione nelle città.

Venivano infatti stabilite delle norme per non ingolfare il traffico, che era più intenso soprattutto nelle vie principali, sia con intralci ed ostacoli ma anche con immondizie di vario tipo. Se una legge obbligava i capi famiglia a spazzare davanti alla propria casa ogni sabato e alla vigilia dei giorni festivi, le autorità non si preoccuparono però della nettezza urbana e neanche del problema delle acque putride che venivano coperte solo da uno strato di terra.

Per migliorare la situazione si presero in considerazione alcune misure anti-inquinamento per gli alimenti. I più facilmente inquinabili erano il latte a l’acqua; l’acqua, catturava molta attenzione perché era un bene accessibile a tutti e perché i sistemi di approvvigionamento di questa erano estremamente fragili. Da qui le molteplici e ripetute disposizioni perché intorno ai pozzi e alle fontane si creasse una zona di rispetto: era infatti proibito lavare i panni, ammucchiare paglia o letame, gettare nei pozzi o nelle fontane carogne di animali, cascami delle lavorazioni dei tessuti e delle pelli e tutto ciò che potesse inquinare. In alcuni centri di maggiore importanza venivano appositamente nominati uomini che avevano il compito di controllare e assicurarsi che la zona non venisse inquinata.

Nonostante queste misure di prevenzione, non si riuscì ad evitare che le immondizie e i rifiuti di uomini o animali si ammucchiassero regolarmente per le strade e nei cortili adiacenti alle pubbliche vie, che gli scoli putridi scorressero per lo più in canali aperti o si disperdessero nel suolo comune. Questa situazione igienica e questo possibile continuo inquinamento erano aggravati dal fetore delle carogne animali lasciate nei centri abitati o buttati nei fossati. Gli statuti imposero il seppellimento delle carogne sotto un sufficiente strato di terra, iterando questa normativa con maggiore insistenza a partire dagli inizi del XV secolo quando il terrore delle epidemie si era fatto più assillante.

Non solo gli Statuti di Chieri (1313), ma anche quelli della città di Torino (1360)  contengono una serie di norme indirizzate a controllare l’igiene ambientale, in particolare del suolo e delle acque: sono infatti particolarmente numerose le disposizioni relative alla regolamentazione di cloache e pozzi neri, così come quelle che vietano di depositare rifiuti organici e letame nelle strade e nelle piazze, gettare spazzatura e acque sporche nelle vie pubbliche, inquinare i canali con materiali e scarti di lavorazioni artigianali, mentre non mancano precise regole anche per le sepolture.

Sempre in questi Statuti vi erano misure relative alla ricerca e individuazione dei lebbrosi. Per isolare questi malati, che nella mentalità comune venivano considerati un pericolo e una vergogna per la società, ogni anno il consiglio di credenza avrebbe dovuto provvedere all’elezione di due probi viri, incaricati di identificare i lebbrosi in città per consegnarli al giudice e ai clavari della curia, vietando contestualmente ai Torinesi di offrire loro ospitalità.

Soltanto verso la metà del XIV secolo l’importanza dell’igiene iniziò a diffondersi.

Se alcune città dell’Italia centro-settentrionale, come Venezia e Firenze e poi anche Milano, vantavano già nel secondo Trecento una discreta organizzazione nel campo della prevenzione dei contagi, le misure predisposte dalle comunità dell’area pedemontana furono ancora molto modeste e discontinue e anche per Torino le notizie al riguardo sono assai scarse. Una delle prime misure anti epidemiche adottate in Italia dalle magistrature cittadine, ad ogni avvisaglia di infezione nelle località limitrofe, fu infatti il semplice divieto di ingresso nel centro abitato per gli individui provenienti da zone a rischio.

Una misura analoga ci viene oggi (aprile 2020) imposta per difenderci dall’epidemia.

La situazione attuale causata dal Coronavirus può essere legata al tema dell’igiene, non tanto in termini di igiene minima accettabile ma di igiene preventiva per bloccare o ridurre la possibilità di contatto e trasmissione del virus.

Nel Medioevo le autorità fornivano indicazioni a salvaguardia della salute con norme che a noi oggi paiono ovvie per l’igiene personale; in questi giorni assistiamo a comunicati ufficiali da autorità politiche che indicano ai cittadini buone pratiche per evitare la diffusione del virus, ad esempio è consigliato lavarsi spesso le mani, non toccarsi bocca, naso e occhi e in più sarebbe opportuno starnutire nel gomito per evitare che i batteri si sedimentino nella mano e quindi siano più facilmente trasmissibili.

Queste pratiche sono semplici ma necessarie perché questo virus è trasmissibile anche da persone che, pur avendo già l’infezione, non mostrano di avere sintomi.

Facendo un confronto con le epidemie del Medioevo, si può sicuramente dedurre che ai giorni nostri le problematiche igieniche siano diminuite, o quasi sparite del tutto, anche se come secoli fa ci troviamo nuovamente di fronte “all’Ignoto”, che oggi si chiama “Coronavirus”, nel 430 a.C. era la peste di Atene, nel III secolo d.C. la peste nell’impero Romano, nel 1348 la peste nera di cui ci parla Boccaccio nel Decameron, nel 1630 la peste ben illustrata da Manzoni.

Bibliografia